Precisazioni

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venerdì 1 giugno 2012

Repertorio "serioso": quali le cause?

Un amico, che ha posto il primo commento sul post precedente, fra l'altro scrive: "Se posso permettermi, anche in qualche concerto un po’ più serioso, potreste di tanto in tanto inserire alcuni dei brani di sabato sera. Credo che il pubblico lo apprezzerebbe molto."
Questo intervento merita una risposta! Altri nostri ammiratori, non solo ora, ci hanno fatto simili obiezioni che sono senz'altro giuste. Infatti altri hanno giudicato il nostro repertorio un po' "serioso"
In primis, non è detto che un canto sia bello solo perché è allegro o "movimentato"; se un brano musicale è bello e ben eseguito ed interpretato lo è indipendentemente dal fatto che lo stesso sia allegro o meno.
Ma, a volte -anzi molto spesso-, il repertorio è condizionato dal luogo in cui eseguiamo il concerto e, il più delle volte, le nostre esibizioni avvengono nelle chiese che, anche se per l'occasione non sono luogo di culto, rimangono, tuttavia, dei luoghi sacri ai quali è dovuto, sempre, il massimo rispetto. Quindi il comportamento del pubblico, ma, anche e soprattutto quello del  complesso e/o coro che si trova sull'altare, deve essere sempre consono all'ambiente. Ed il coro deve, per prima cosa, proporre un repertorio nel quale i testi dei canti non contengano espressioni più o meno inopportune, per non dire volgari. 
Per questo motivo il canto "Caro Toni, scolta qua", che prende spunto da tradimenti coniugali e che termina con " ... caro Toni, palpa qua",  canto musicalmente molto valido armonizzato da Gianni Malatesta, e che -lo abbiamo percepito- è stato molto apprezzato, non può, ovviamente, essere eseguito in una chiesa.
E se questo è l'esempio più plateale, ve ne sono anche altri. Inoltre, anche se un parroco può essere più o meno condiscendente, tuttavia dobbiamo tener conto anche delle sensibilità diverse che si possono trovare tra il nostro pubblico.
La scelta del repertorio è compito del direttore artistico del coro e questa "politica" è stata seguita sempre, vuoi da Lucio Finco in passato come da Claudio Favret oggi.
Questo nostro modo di agire è sempre stato apprezzato dalle gerarchie diocesane nostrane, qualsiasi fosse il Patriarca in carica, e non abbiamo mai avuto, a mio ricordo -e si tratta di un ricordo di quarantasette anni-, alcun problema nell'esibirsi nelle chiese veneziane, dalla Basilica di San Marco all'ultima parrocchia di periferia.
Poi, una buona dose di responsabilità l'ha il presentatore e credo, o almeno lo spero, visto che questa funzione la svolge chi scrive,  di essere sempre stato all'altezza.
Nel ringraziare il commentatore, lo assicuro, anche a nome del maestro, che cercheremo di tenere presente il suo suggerimento.

Sergio
  
  

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